CHANDRA ITINERARI YOGA APS
Associazione Cuturale

seguici su Facebook

Yoga nella Differenza

Yoga nella differenzaLa differenza sessuale rappresenta
uno dei problemi o il problema
che la nostra epoca ha da pensare
Giungere a rispettare l’altro della
differenza sessuale, senza ridurre il
due all’uno, al medesimo, al simile,
rappresenta una via universale per
accedere al rispetto delle altre differenze.

Luce Irigaray

Come insegnanti e donne, il tema della differenza di genere o sessuale ci è particolarmente caro. Negli anni di lavoro e di amicizia che ci hanno unito, abbiamo percorso sentieri di ricerca, individuali e collettivi, fuori e dentro lo yoga, per scoprire il fascino (e la fatica…) di riconoscerci segnate da quella differenza che ci contraddistingue tutti, uomini e donne, fin dal nostro essere al mondo. Ma che tanto la cultura occidentale ha obliato, consegnandoci all’illusione del neutro. Che in realtà neutro non è, ma un universale costruito a partire da valori, simboli ed esperienze di un soggetto unico, quello maschile, e trasformato impropriamente in un universale valevole per tutti e per tutte.
Abbiamo così scoperto che la differenza può essere fonte di identità, fecondità, creatività, relazionalità e trascendenza, se abbiamo l’umiltà di restare fedeli a noi stesse/i e di aprirci alla “sapienza del partire da sé”.
Qui di seguito diamo voce a Luce Irigaray, filosofa della differenza, una delle principali filosofe contemporanee, dal cui pensiero tante donne - e uomini - hanno tratto ispirazione e insegnamento, proprio sull’importanza del partire dalla propria differenza sessuata.
Riportiamo tre brani dal suo Tra Oriente e Occidente, testo in cui ci consegna il suo incontro con lo yoga1.
Stiamo provando a raccogliere la sfida e la domanda che lei rivolge alla pratica yoga, alla fine dei testi riportati.

 

Ci troviamo oggi a doverci confrontare con una situazione nuova per quanto riguarda la cultura: assistiamo a una crescita di informazioni sia nello spazio che nel tempo, a un accumulo di conoscenze di livelli diversi e, nello stesso tempo, a una certa perdita di coscienza umana. Sappiamo più cose ma torniamo meno a noi per considerare il senso di tutte queste cose in un divenire umano più compiuto. Scopriamo che ci sono tante realtà fino ad oggi da noi sconosciute, ma le scoperte sono così molteplici che dimentichiamo un po’ la realtà e i limiti del nostro proprio essere. E c’è un rischio di sapere mille cose. Perfino di ridurci a un effetto di acquisizione di conoscenze, ma di non sapere più nulla su chi sono io, chi sei tu, chi siamo noi.  C’è un rischio che diventiamo un sistema operativo di computer con tanti programmi registrati, ma al quale manca il modo di definire l’unità possibile di questi programmi e il modo di passare dall’uno all’altro o di potere usarne l’insieme o una parte per comunicare con me, con te, fra noi.
(…)
Ma c’è una (…) via che consente di proseguire il divenire umano, aprendo una nuova epoca della Storia. (…) Si tratta di rinunciare a costituire la coscienza tramite una dominazione della natura: universo cosmico, naturalità della madre o della donna, origine della vita o dell’istinto. Si tratta di abbandonare un cammino di conoscenza autarchica, astratta e non realmente oggettiva, e di interpretare la coscienza occidentale, il soggetto occidentale, il nostro "essere io"  ed  "essere noi" come sottoposti a delle mediazioni proprie dell’identità maschile, e pertanto non realmente universali, neppure neutrali. Si scopre allora che la natura in quanto umana è due: maschile e femminile, e che essa esige una doppia soggettività, un doppio "essere io" per coltivarsi.
(…)
Allora, il divenire della coscienza, della cultura, non può essere affidato ad un solo soggetto, ma si genera nell’interazione fra due soggettività irriducibili l’una all’altra: quella dell’uomo e quella della donna. (…) Fra i due soggetti, l’uomo e la donna, non si produce così soltanto una nuova generazione naturale, cioè dei bambini, ma anche una nuova generazione spirituale, una nuova cultura estranea a un fine assoluto unico. Senza rischio, dunque, di un ordine totalitario imposto da una sola verità, una sola oggettività, un solo capo. (pp. 89-95)


Tornare a meditare a partire da pratiche e testi delle culture dell’India, soprattutto quelle aborigene, pre-ariane, può indicarci un cammino per proseguire la nostra Storia. È stato così per me. E, da qualche anno constato con piacere che non sono la sola a provare interesse per queste culture. Sfortunatamente gli Occidentali ne trattengono anzitutto rapporti post-ariani, meno estranei per loro di quanto lo siano le culture aborigene, più femminili. Perfino gli insegnanti di yoga, educati in India, trascurano l’importanza della differenza sessuale nella cultura che trasmettono. Solamente i maestri anziani insistono su questa dimensione della loro tradizione, presente per altro nei testi. La pratica attuale, sfortunatamente, si ispira un po’ troppo a ciò che l’Occidente ha di più inquietante: l’abilità tecnica, la dominazione della natura, l’oblio del carattere fondamentale della differenza sessuale.
Se ho imparato dai miei insegnanti di yoga l’importanza del respiro per sopravvivere, per guarire certi mali, per accedere al distacco e all’autonomia, non ho ricevuto da loro, uomini o donne, indicazioni riguardanti una sessuazione del respiro o dell’energia, una spiritualizzazione del soffio per il rispetto e l’amore di sé o dell’altro. Tale percorso, ho dovuto inventarlo e proseguirlo da sola: praticando, ascoltando(mi), leggendo, destandomi, creando pure ponti fra Oriente e Occidente. (pp.14-15)


Una pratica della differenza sessuale
Il mio augurio per l’avvenire sarebbe una reciproca iniziazione. Questo richiede che donne e uomini abbiano costituito un mondo proprio al loro sesso o genere, e che gli uni e le altre possano offrirsi e scambiare elementi di questo mondo che non siano solo quelli puramente biologici: spermatozoi e ovuli, ad esempio. Uomini e donne non hanno solo figli da generare. Questo aspetto della fecondità spirituale fra i sessi l’ho imparato con la mia esperienza e con il mio desiderio.
(…) la pratica dello yoga mi riporta continuamente a questa evidenza, come pure certi testi o commenti della tradizione dell’India. Così Mircea Eliade presenta spesso la cultura dell’India come una cultura che è riuscita a conservare elementi aborigeni asiatici accanto ad apporti patriarcali più tardivi. C’è quindi posto in India per una spiritualizzazione del femminile e del maschile. D’altronde la tradizione indiana è una delle poche in cui si venerano ancora delle dee donne e delle coppie di dei amanti. (…) In questo Paese coesistono due epoche della Storia: una in cui le donne sono dee, l’altra in cui gli uomini esercitano un potere assoluto su di esse.
Nel corso di [un] viaggio [in India] ho anche sentito, con emozione, il maestro T. Krishnamacharya affermare l’importanza della differenza sessuale come dimensione della cultura dello yoga. Questo è stato per me un’indicazione preziosa, e lo è tuttora. Avrei voluto chiedergli come tradurre nella pratica la differenza dei sessi. È una domanda che desidero ancora rivolgere agli(alle) insegnanti di yoga. So che esistono pratiche per donne incinte. Ma ne esistono per donne e uomini in quanto dotati di un corpo e di uno spirito differenti? Mi piacerebbe conoscerle, per evitare di nuocere al mio corpo, per sviluppare le mie qualità di donna, non soltanto come madre, ma anche di donna amante, di donna filosofa e scrittrice, di donna conferenziera, ecc. (pp. 64-66)

1Luce Irigaray, Tra Oriente e Occidente, manifestolibri 1997.

Presentazione del libro di Heide Gottner-Habendroth: Le società matriarcali del passato e la nascita del patriarcato

Sabato 13 aprile 2024 dalle 15:30 alle 18:30
Programma

Meditazione con le campane di cristallo

Sabato 20 aprile 2024 alle 17:30 e alle 20:30
Programma

Festa di fine anno

Venerdì 21 giugno 2024 

Questo sito utilizza i cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione. Leggi la Cookies policy e la Privacy policy di questo sito web.